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WEBERN, OP. 27: "VERHALTENER KLAGERUF"

 

 

L'analisi delle Variationen op. 27 di Anton Webern offre molti spunti sia per considerazioni strettamente tecnico-compositive, sia per riflessioni estetiche e culturali di ben più ampio respiro.

 

SOMMARIO

Considerazioni introduttive

La serie

Primo movimento

Secondo movimento

Terzo movimento

Considerazioni finali

Video dell'esecuzione

 

 

 

CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE

 

La prima domanda che ci si pone a proposito dell'unico brano pianistico inserito nel catalogo weberniano con numero d'opera ufficiale, scritto nel 1936, riguarda il suo titolo. Non è infatti così immediato comprendere come mai la denominazione "Variazioni", che solitamente definisce una sequenza di brevi e spesso abbastanza numerosi pezzi organizzati in un ciclo, venga qui associata ad una composizione che si presenta in tre movimenti, dunque uno degli svariati trittici di cui la letteratura pianistica del primo Novecento è costellata (si pensi, solo per fare qualche esempio, a Debussy, Ravel, Schoenberg, Busoni).

Certamente si tratta di un passo rivolto al futuro, di grande rilievo nell'evoluzione del concetto di "variazioni" verso un'accezione più estensiva, che prescinde dalla presenza di un vero e proprio "tema" in apertura di ciclo; tuttavia occorre probabilmente guardare al passato per coglierne in pieno il significato.

 

Come è noto, la tecnica dodecafonica weberniana, perfezionatasi dieci anni prima con i Lieder corali op. 19, non prevede necessariamente che la forma originale della serie appaia per prima, anzi, il posizionamento strategico ad essa riservato può variare sensibilmente a seconda delle esigenze. Nel caso dell'op. 27 l'originale non trasposto O0 (v. sotto la lista delle abbreviazioni) viene esposto con la massima evidenza, senza essere contrappuntato da altre serie, all'inizio del terzo movimento, nel momento di maggiore rarefazione del tessuto compositivo, in cui valori vengono dilatati e le note enunciate con limpidezza mai così cristallina. Che questo sia il passaggio espositivo basilare, pietra d'angolo del brano, lo dimostra che la serie originale è immediatamente seguita dall'inversione e poi dal retrogrado, sempre non trasposti, "puliti" ed isolati. Anche le modalità con cui si arriva a questa rivelazione delle radici ultime del materiale ci confermano che siamo giunti alla svolta cruciale, alla mèta di un percorso di progressiva chiarificazione, che diviene inizio di un nuovo cammino, sicuramente più riconoscibile come sequenza di variazioni, ben identificabili anche, se ce ne fosse stato bisogno, dai piccoli numeri romani apposti dall'autore sulla partitura di studio di Peter Stadten, il pianista della prima esecuzione (20 ottobre 1937). È questo un documento fondamentale ai fini interpretativi, le cui indicazioni Universal Edition ha meritoriamente ed accuratamente riprodotto nella ripubblicazione del 1979, commentata dallo stesso Stadten.

 

Il segmento iniziale del terzo movimento può dunque essere considerato come una sorta di "tema", o meglio una "Variazione Zero", cosa che ci induce a interrogarci sulla natura dei due movimenti che lo precedono.

 

Nella storia delle variazioni classico-romantiche succede raramente che il tema propriamente detto non funga da apertura, ma i casi che possiamo citare sono decisamente significativi. Senza dubbio il più eclatante è quello delle Variazioni chiamate "Eroica" di Beethoven, il cui tema viene dapprima usato nel finale della suite Le creature di Prometeo, poi nel grande ciclo di Variazioni con fuga per pianoforte op. 35, e infine per l'appunto nell'ultimo movimento della Sinfonia n. 3 "Eroica". In questi ultimi due lavori il vero e proprio tema, anziché essere presentato subito, viene fatto precedere da una breve sequenza di "pre-variazioni" sul solo basso di quello che sarà poi il tema. Questo consente da un lato di giocare sul dualismo fra un tema compiuto e un "proto-tema" (il basso), che rivestirà poi un ruolo di importanza pari se non superiore al tema, dall'altro di rivelare, lungo le pre-variazioni, il processo costruttivo attraverso cui si arriva al tema partendo dalle sua fondamenta. Una struttura del tutto analoga, chiaramente ispirata a Beethoven, caratterizza gli Improvvisi in forma di variazione op. 5 di Schumann, ove il proto-tema del basso (dopo essere stato, come in Beethoven, soggetto di fuga), ritorna nuovamente isolato a fare da epilogo al ciclo. Potremmo poi citare un caso di natura diversa, quello delle Variazioni Diabelli op. 120 di Beethoven, ove il tema iniziale di Diabelli, pretesto editoriale del lavoro, viene immediatamente trasfigurato nella prima Variazione, riferimento di ben maggiore spessore per le Variazioni successive, e dunque, per molti versi, tema virtuale dell'opera.

Questi esempi di Beethoven e Schumann hanno in comune una caratteristica: quello che, per un motivo o per l'altro, può essere considerato come il tema principale su cui nascono le variazioni, non trovandosi all'inizio, viene per così dire "scoperto" tramite una costruzione progressiva, oppure un'improvvisa trasformazione che va comunque nella direzione di un progresso costruttivo.

 

L'originalità di Webern rispetto a questi precedenti, senz'altro studiati con attenzione, consiste nel fatto che la "scoperta del tema" avviene attraverso un processo decostruttivo, in pieno sintonia con la poetica di Schoenberg che all'inizio degli anni Dieci del Novecento, superando la fase più tumultuosa dell'espressionismo, punta all'introflessione più profonda, all'essenzialità più scarna, alla ricerca del "Kern", il cuore, la verità sfrondata, il nucleo più riposto del pensiero creativo. Di questa tendenza schoenbergiana i Sechs kleine Klavierstücke op. 19 (1911) sono un frutto pienamente rappresentativo, e per molti aspetti le Variazioni di Webern possono esserne ritenute discendenti dirette.

 

Il primo e il secondo movimento dell'op. 27 fungono dunque da pre-variazioni decostruenti del trittico. Il n. 1 ha a sua volta una chiara forma tripartita A-B-A', e il suo materiale si compone di due serie costantemente sovrapposte, che procedono incrociandosi di continuo, come descritto sotto. Nel n. 2 resta la sovrapposizione di due serie, ma viene attuata una notevole riduzione della densità del tessuto, compensata dalla frenesia delle articolazioni, mentre la struttura formale si semplifica, limitandosi a una bipartizione A-B con ritornelli.

Così si prepare il terreno per l'entrata in scena della Variazione Zero, formalmente ancora a due voci, disposte però in modo tale da non generare quasi mai bicordi ad attacco simultaneo, sempre procedenti su una sola serie alla volta (come in tutto il terzo movimento), e cooperanti nel disegnare una linea spoglia ed essenziale, punto di avvio dell'iter ricostruttivo delle Variazioni seguenti.

Nell'ottica di questa lettura, se volessimo inquadrare l'intero trittico in una sequenza di Variazioni numerate, potremmo assegnare una numerazione negativa alle cinque sezioni complessive dei primi due movimenti: A = Variazione -5, B = Variazione -4, A' = Variazione -3 nel primo movimento, poi passando al secondo A = Variazione -2 e B = Variazione -1. Il conto alla rovescia ci conduce così alla Variazione Zero in apertura del terzo movimento, dopodiché si può procedere con la numerazione positiva ordinaria da 1 a 5 confermata anche dagli appunti di Webern.

Considerato il gusto per le simmetrie dimostrato in vari aspetti dei processi compositivi, questa interpretazione, per quanto discretamente arbitraria, non ci pare così inverosimile.

 

 

LA SERIE

 

Prima di dare inizio alla catalogazione delle esposizioni della serie ne esaminiamo il profilo e il carattere.

Queste le abbraviazioni utilizzate:

O = Originale

U = Inversione (Umkehrung)

K = Retrogrado (Krebs)

KU = Retrogrado dell'Inversione

Un indice numerico posposto indica la trasposizione, in numero di semitoni, da contare sempre in senso ascendente: ad esempio, O8 è l'originale con trasposizione in senso ascendente di 8 semitoni, quindi una sesta minore sopra o una terza maggiore sotto, U0 è l'inversione non trasposta, K2 è il retrogrado un tono sopra, KU11 è il retrogrado dell'inversione una settima maggiore sopra, quindi un semitono sotto, e così via.

 

 

Forme della serie

 



 

Come generalmente accade nella dodecafonia della Scuola di Vienna, la serie è costruita in modo che certi suoi segmenti possano assumere una caratterizzazione intervallare specifica, funzionale agli intenti del compositore.

La centralità del tritono, posto fra i suoni 6 e 7, conferisce a questo intervallo significati e funzionalità sfruttati soprattutto nel primo movimento - questa è una prassi che verrà adottata anche in alcuni esempi di serialismo degli anni successivi, per stabilire reti di relazioni intervallari particolarmente sofisticate dal punto di vista numerico.

Ma a Webern interessano ben di più le peculiarità armoniche di alcuni segmenti: ad esempio la combinazione terza maggiore + semitono è spesso evidenziata in modo molto percepibile; essa è propria dei suoni 1-2-3, in continuità direzionale (entrambi gli intervalli sono discendenti in O e ascendenti in U), e anche dei suoni 10-11-12, in discontinuità direzionale (un intervallo è ascendente e uno è discendente). Questa duplice veste assicura la disponibilità di tutte le soluzioni possibili nel gestire la combinazione di questi due intervalli. Abbiamo poi la forte caratterizzazione cromatica del gruppo 4-5-6, e, ancora più importante, la polivalenza armonica del tritono, che come detto ha già una sua specificità espressiva quando è usato assolutamente, mentre quando si trova nell'aggregato 5-6-7 può dare luogo al tricordo composto da 4a aumentata + 4a o 5a giusta, armonia decisamente cara alla Scuola di Vienna, e infine quando è parte del raggruppamento 6-7-8 può alludere a colori tenuemente esatonali, oppure, nella versione inversa, evocare fantasmi dominantici.

Ritorneremo nelle considerazioni finali su quanto siano importanti per Webern questi fattori di delineazione delle identità, armoniche e non solo.

 

 

PRIMO MOVIMENTO

 

SEZIONE A

Quattro frasi, composte da frammenti di 2 sedicesimi variamente sovrapposti, uno dei quali è un bicordo o un tricordo, e l'altro una nota singola. I moduli ritmici risultanti da queste combinazioni sono sempre uniformi (constano solo di sedicesimi), il loro incedere è sovente ripetitivo, o se varia tende a mantenere comunque elementi di riconoscibilità. Questo vale anche per la Sez.A', mentre per la B occorre solo aggiungere che le tipologie di modulo ritmico diventano due (gruppi di trentaduesimi e gruppi di valori più lunghi in ritenuto), senza che però il tipo di trattamento cambi significativamente. La sostanziale uniformità ritmica è caratteristica propria anche del secondo movimento e di ciascuna Variazione che compone il terzo. Possia mo affermare che non rientra fra gli interessi di Webern, almeno in questo brano, curare più di tanto la sofisticatezza delle soluzioni ritmiche, cosa che non sarebbe funzionale agli intendimenti espressivi dell'opera. Pertanto la nostra analisi dei dettagli tecnici si concentrerà sugli aspetti relativi alla gestione della serie e delle sue altezze, lasciando in secondo piano quelli ritmici.

 

Prima frase, b.1-7

b.1 m.d. K8, mi=12, fa=11, continua a b.4 3o 16mo in m.s. sol#=6, termina a b.7 in m.s., si=1

b.1 m.s. O8, si=1, sol=2, continua a b.5 in m.d., re=7, termina a b.7 in m.d., mi=12

La tecnica compositiva dell'intero primo movimento è già totalmente individuabile in questa prima frase: una serie e il suo retrogrado, alla stessa trasposizione, vengono sovrapposti. I primi 6 suoni di una serie sono scritti per una mano e i prima 6 dell'altra per l'altra mano, poi per il seguito le mani si scambiano.

Ciò comporta due conseguenze:

a) le due serie si incrociano a metà strada sulla stessa nota (il suono 6, in questo caso sol#), generando la figura del ribattuto.

b) la frase si divide complessivamente in due blocchi speculari: qui il primo va dall'inizio fino al primo sol# di b.4, il secondo parte dal secondo sol# di b.4 e arriva fino al bicordo di b.7. Così facendo si ottiene un secondo blocco che è naturalmente l'esatto retrogrado del primo. In altri termini, se non si conoscesse a priori la serie, si potrebbe anche leggerne una diversa da quella reale, portata avanti da entrambe le mani fino al primo sol#, e poi il suo retrogrado a partire dal secondo sol#. Abbiamo dunque due totali dodecafonici giustapposti, ma ognuno di essi non corrisponde a una sola serie; le due serie sono intrecciate chiasticamente, in rapporto alla loro disposizione sui due pentagrammi.

Il ribattuto, che è una costante dell'intero trittico, funge dunque da centro di simmetria in mezzo ai due blocchi speculari, essendo punto di arrivo del primo membro, e punto di partenza del membro palindromo.

 

Seconda frase, b.8-10

b.8 m.d. KU8, fa#=12, fa=11, la=10, continua a b.9, 2o 16mo, m.d. + m.s., sol=9, sib=8, sol#=7, re=6, continua in m.s., do#=5, do=4, mi=3, mib=2

Per catalogare l'altra serie che inizia b.8 alla m.s. bisogna tenere conto che il si di b.7, oltre a essere suono 1 di K8 come detto sopra, è anche suono 1 di una serie U8, che procede poi a b.8 alla m.s. con mib=2, mi=3, do=4, passa alla m.d. con do#=5, re=6, sol#=7, condivide con la serie sovrapposta sib=8 e sol=9, continua alla m.d. con la=10, fa=11, fa#=12

 

Troviamo dunque qui le due forme (inversione e suo retrogrado) non usate nella prima frase, cosicché si completa in questa frase l'utilizzo di tutte e 4 le forme, sempre tutte alla stessa trasposizione. Il fatto che il suono 1, si, venga distanziato da entrambe le serie (quello di U8 appartiene ancora alla prima frase, a b.7, mentre quello di KU8 aprirà la terza frase a b.11) genera per questa frase una coppia di blocchi speculari difettivi di un suono (per l'appunto il Si), creando l'illusione di una serie endecafonica. Come abbiamo visto, si tratta invece di regolari serie dodecafoniche la cui esposizione non coincide col fraseggio musicale, cosa che accade molto frequentemente lungo tutto l'arco delle Variazioni.

 

Terza frase b.11-15

b.11-14 m.d. O8, 3 suoni (2+1) per ogni battuta

b.11-15 m.s. K8, coi suoni sempre esposti a gruppi di 2+1

Questa frase usa la stessa tecnica di sovrapposizione delle precedenti e ottiene lo stesso risultato, col centro di simmetria dei blocchi speculari qui posto sul bicordo ripetuto do-re, b.13; la differenza in questo caso consiste nel mancato incrocio fra mani, le due serie procedono sempre sulla stessa mano ove hano avuto inizio.

 

Quarta frase, b.15 (3o 16mo) - b.18

È una ripetizione della seconda, pressoché identica, con la sola differenza data dalla compressione di un sedicesimo, per via dell'anticipo del tricordo della m.d. a b.16.

Le serie sono dunque ancora U8 e KU8, nella stessa disposizione descritta per la seconda frase. Anche qui i due suoni 1 (Si) sono distanziati e in comune con la fine della frase precednete (quello di U8, b.15 1o 16mo) e con l'inizio della seziona successiva (quello di KU8, b.19)

 

Complessivamente la sezione A ha una struttura interna quadripartita di tipo A1-B-A2-B', con analogia del trattamento seriale fra membri dispari (con serie non invertite, O-K) e membri pari (con serie invertite, U-KU). I membri dispari suonano diversi per via della differenziazione dei registri e dello scambio di mani nella riesposizione della serie. Fra i membri pari c'è quasi identità, dato che i suoni vengono riproposti nella stessa posizione e nella stessa successione, con una sola variazione di natura metrica.

 

1a frase:

K8(1)

+

O8

 

 

 

 

2a frase:

(1)U8

+

KU8(1)

 

 

 

 

3a frase:

 

 

(1)O8

+

K8(1)

 

 

4a frase:

 

 

 

 

(1)U8

+

KU8(1)

 

I numeri fra parentesi indicano quante note sono condivise con la serie precedente (se a sinistra) o con la successiva (se a destra)

 

 

SEZIONE B

Quattro frasi più un'appendice. I blocchi speculari non si esauriscono più all'interno della stessa frase, ma completano la loro simmetria nella frase successiva: il centro di simmetria si trova infatti alla conclusione delle frasi, sul ritenuto che caratterizza le figurazioni coi ribattuti scambiati fra le mani - una frenata che compensa l'accelerazione in trentaduesimi delle nuove articolazioni, pur sempre scritte prevalentemente a frammenti di due, ma combinate in sequenze più lunghe e varie.

Di conseguenza anche la successione delle serie, che si sviluppano tendenzialmente restando nella stessa mano (ragione per cui la scrittura non tiene in alcun conto le esigenze della diteggiatura pianistica, ma solo quelle compositive), ha un respiro senz'altro diverso da quello delle frasi.

 

Prima frase, b.19 - b.22 1o 32mo

b.19 m.d. KU1, parte col si in comune con l'ultimo KU8 della Sez. A e termina con il mi di b.22

b.19 m.s. U1, termina col si sul 1o 32mo di b.23

Come detto entrambe le serie si esauriscono quando sono già entrate nella frase successiva. Questo vale anche per il seguito della sezione.

 

Seconda frase, dal 2o 32mo di b.22 al 4o 32mo di b.25

Code delle precedenti KU1 e U1

b. 23 m.d. O2, termina col sib 4o 32mo di b.26

b. 23 m.s. K2, inizia col sib penultimo 32mo di b.22, dunque condivide in apertura 2 note con la precedente U1 (sib e si), termina col fa sul 1o 32mo di b.26

 

Terza frase, dal 5o 32mo di b.25 al 4o 32mo di b.29

Code delle precedenti O2 e K2

b.26 m.d. KU6, a partire dal mi 5o 32mo fino al la 3o 32mo di b.30

b.26 m.s. il mi 3o 32mo anticipa il suono 1 di KU6 della m.d. - far sentire due volte la prima nota di una serie in modo piuttosto arbitrario sarà prassi adottata anche nel 3o movimento; qui è funzionale alla specularità del blocco che si sta chiudendo.

U6 parte dal la ultimo 32mo di b.26 e finisce col mi 4o 32mo di b.30, il corrispettivo del mi iniziale di KU6 alla m.d. nella struttura palindromica.

 

Quarta frase

1. prima porzione, dal 5o 32mo di b.29 a tutta la b.31

2. seconda porzione, da inizio b.32 al 1o 32mo di b.34

3. terza porzione, il resto della b.34

 

Abbiamo adottato questa divisione interna considerando come interpunzione la figura mista staccati-legati del registro più grave, in piano, con tutte note singole, contraltare delle più acute concatenazioni note singole - bicordi in forte e fortissimo. Si tratta di una scelta soggettiva - si potrebbe anche considerare le interpunzioni in piano come inizio delle porzioni e non come fine. Lo sfasamento di questo fraseggio rispetto alle strutture dei blocchi palindromi e della serie è in piena sintonia con quanto avvenuto finora nella Sez. B.

 

Sviluppo seriale della quarta frase

b.30 m.d. O7, dal sib sul 5o 32mo, solb=2, fa=3, a b.31 la=4, sol#=5, passa alla m.s. sul 4o 32mo, sol=6, procede fino al mib sul 5o 32mo di b.32

b.30 m.s. K7, mib e mi in comune con gli ultimi due suoni della precedente U6. Il sol=6 di b.31 è condiviso con quello della serie sovrapposta O7; passa alla m.d. con i suoni dal sol# al si b sul 3o 32mo di b.32 (suoni 5-1).

b.32 m.d. KU11, la=12 sul 5o 32mo, sol#=11 sul 6o 32mo, a b.33 do=10, sib=9, reb=8, si=7, fa=6, passa alla m.s. con mi=5, poi sempre alla m.s. a b.32 mib=4, sol=3, fa#=2, e infine il re della m.d. è il suono 1.

b.32 U11, ultimo 16mo, il re=1 è scritto alla m.d. (così come il re=1 speculare che chiude KU11 sovrapposta), poi si procede alla m.s. con fa#=2 simultaneo, a b.33 sol-mib-mi = 3-4-5, si passa alla m.d. con fa=6, condiviso con KU11 sovrapposto (esattamente come avveniva col sol di b.31 nell'analoga interpunzione in piano), si=7, a b.34 reb-sib-do = 8-9-10, sol#=11 e la=12. Solo in questo punto la fine delle esposizioni seriali coincide con la fine di una porzione di frase. Peraltro i suoni 11-12 di U11 sono condivisi con una delle due serie seguenti, già nell'appendice della Sez.B

 

Appendice, b.35-36

b.35 m.d. O0 suoni 1-5, passa alla m.s. a b.36 coi suoni 6-10. I suoni 11-12 apriranno la Sez.A'

b.35 m.s. K0 che, come si è appena detto, si avvale dei suoni 11-12 della precedente U11 come suoni 12-11 (b.34). A b.35 procede quindi con 10-7, passa poi alla m.d. e si completa con 8-12.

 

Prospetto generale delle serie della Sezione B in rapporto al fraseggio

In verde corsivo i suoni comuni a due serie

 

 

1a frase

2a frase

3a frase

4a frase-1

4a frase-2

4a frase-3

App.

Sez.A'

KU8

1 (da A)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

KU1

12 - 4

3-1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

U1

1-7

8--11-12

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

O2

 

 

1-7

8-12

 

 

 

 

 

 

 

 

K2

 

12-11

10-4

3-1

 

 

 

 

 

 

 

 

KU6

 

 

 

 

12r-4

3-1

 

 

 

 

 

 

U6

 

 

 

 

1-7

8--11-12

 

 

 

 

 

 

O7

 

 

 

 

 

 

1 - 7

8-12

 

 

 

 

K7

 

 

 

 

 

12-11

10--6-4

3-1

 

 

 

 

KU11

 

 

 

 

 

 

 

 

12-4

3-1

 

 

U11

 

 

 

 

 

 

 

 

1-7

8--11-12

 

 

O0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1-10

11-12

K0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

12-11

10-1

 

 

Da questo sguardo d'insieme si evince chiaramente l'alternanza fra coppie di serie invertite (KUe U) e coppie di serie non invertite (O e K). A ogni ritorno le coppie vengono trasposte una quarta giusta (5 semitoni) sopra: U e KU passano da 1 a 6 a 11, O e K da 2 a 7 a 0.

Si tenga inoltre conto che KU1 e U1 provengono da U8 e KU8, quindi anch'esse risultano trasposte una quarta giusta, cioè 5 semitoni, sopra rispetto alle precedenti - ovviamente i calcoli si fanno in modulo 12, per cui 8+5=13 -12 =1, così come 7+5=12 -12 =0

La coppia a trasposizione 0 in coda alla Sez.B annuncia in qualche misura le serie della Sez.A'

 

SEZIONE A'

Chiara ripresa delle articolazioni di A, dal punto di vista ritmico, timbrico (qui il suono si fa ancora più evanescente) e del trattamento dei materiali.

Quattro frasi, tutte coincidenti con blocchi speculari.

 

Prima frase, b.37-43

b.37 m.s. K0 suoni 12-7 fino a tutta b.39, di cui 12-11 sono in comune con 11-12 di O0 del finale della Sez.B. A b.40 3o 16mo passa alla m.d. e si completa coi suoni 7-1, fino al 1o 16mo di b.43.

b.37 m.d. O0, suoni 1-6 fino a - b.40 1o 16mo. Passa alla m.s. a b.41 completandosi con i suoni 7-12 fino a tutta b.43

 

Seconda frase, b.44-46

b.44 m.s. KU0 12-10, prosegue col quadricordo di b.45 distribuito fra le due mani con si=9, re=8, do=7, fa#=6, continua col fa=5 della m.d., ritorna alla m.s. con le 3 note di b.46, suoni 4-3-2. Il suono 1 viene fatto slittare alla frase successiva.

b.44 m.d. U0, simmetricamente a quanto accade con la serie sovrapposta il suono 1 viene è estraneo alla frase, in quanto coincide col 12 del K0 precedente (mib a b.43). A b.44 procede alla m.d. con 2-3-4, passa alla m.s. col tricordo di b.45, fa=5 fa#=6 do=7, utilizza il re=8 e il si=9 del quadricordo come note in comune con la serie sovrapposta, ritorna alla m.d. a b.46 ove si completa con 10-11-12.

 

Terza frase, da b.47 fino al 1o 16mo di b.51

b.47-50 U5 intera, tutta alla m.s.

b.47 fino al 1o 16mo di b.51 KU5 intera, tutta alla m.d., col mib=1 in comune con il suono 1 della precedente KU0, che come si è detto non viene esposto nella terza frase. Il sol# finale di b.51 è in comune con la O5 della quarta frase.

 

Quarta frase, dal 3o 16mo di b.51 al termine

Dopo la semplificazione delle frasi precedenti troviamo qui l'intreccio seriale fra le mani più complesso del movimento.

b.51 3o 16mo K5 con do#=12, re=11, sib=10, salta al quadricordo dell'ultimo 16mo di b.53 con do=9, la=8, si=7, fa=6, fa#=5 m.d. b.53, sol=4 m.s. b.53, mib=3 e mi=2 dal primo tricordo di b.54, sol#=1 dal secondo tricordo di b.54

b.52 m.d. O5, il cui suono 1 è però coincidente col sol# alla m.d. di b.51, che è anche suono 1 di KU5. O4 prosegue sui primo 16mo di b.52 con mi=2, mib=3, poi col quadricordo del secodno 16mo con sol=4, fa#=5, fa=6, si=7, utilizza il la=8 e il do=9 del quadricordo immediatamente successivo come note in comune con la serie sovrapposta, salta al sib=10 del primo tricordo di b.54, e si chiude infine con re=11 e do#=12 dell'ultimo tricordo.

 

Riepilogo delle coppie di serie della sezione A'

1a frase:

 

 

 

 

(2)K0(1)

+

O0

2a frase:

 

 

KU0(1)

+

(1)U0

 

 

3a frase

U5

+

(1)KU5(1)

 

 

 

 

4a frase

K5

+

(1)O5

 

 

 

 

 

A differenza della Sez.A qui la distribuzione tra frasi di serie dirette e inverse è chiastica: serie non invertite per le frasi 1 e 4, invertite per le frasi 2 e 3.

Inoltre, mentre nella Sez.A tutte le serie sono utilizzate alla stessa trasposizione (8), questa sezione finale allunga il ciclo delle quarte giuste ascendenti che percorre la sezione precedente, riprendendo dalle trasposizioni 0 (cioè la non-trasposizione) e chiudendo con la trasposizione 5.

 

 

SECONDO MOVIMENTO

 

La struttura generale si fonda sua due parti, A-B, entrambe ritornellate, così da raddoppiare la durata di questa sorta di "presto" di brevità davvero fulminea, interamente caratterizzato dai gruppi di due ottavi (o di ottavo + quarto) divisi fra le mani sempre secondo logiche meramente compositive e non pianistiche, generalmente distanziati fra loro da una pausa di ottavo, in un caso da una pausa di due ottavi, oppure accostati senza pause intermedie. Il vorticare di queste figure e l'impressione di aleatorietà che ne deriva sono ben descritti dall'annotazione supplementare di Webern, che usa il verbo "durcheinanderwürfeln", termine che fa riferimento al lancio dei dadi: questi frammenti devono dunque essere "lanciati" a getto continuo uno dietro l'altro, ma senza alterare il carattere specifico che connota ciascuno di essi.

 

I meccanismi di sovrapposizione seriale non sono molto dissimili da quelli del primo movimento, pur essendo più semplici in virtù dell'assottigliamento del tessuto polifonico.

Si procede a coppie di serie sovrapposte; le coppie sono in tutto 4, due per ogni parte.

Il secondo movimento contiene solo serie retrograde, invertite o meno che siano.

 

Per tutta la prima riga la m.s. espone KU0, suoni 12-4, la m.d. K0, 12-4. All'inizio della seconda riga KU0 passa alla m.d. e si conclude a b.6 con l'acciaccatura re#=1, ma anche 12 della serie K7 che prende qui avvio. Analogamente a b.5 K0 passa alla m.s. e si chiude a b.6 con l'acciaccatura mib=1, ma anche 12 della nuova serie KU5.

 

KU5 espone 12-8 alla m.s. fino al 1o ottavo di b.8, passa alla m.d. sull'ultimo ottavo di b.8 col tricordo (7-6-5), continua sulla m.d. fino alla fine di b.11, col sol#=1, ma anche 12 della nuova serie KU10.

A b.6 K7 inizia a esporre 12-8 alla m.d., passa alla m.s. col tricordo sul primo ottavo di b.9, suoni 7-6-5, continua sulla m.s. fino al sib=1 di b.11, che è anche 12 della nuova serie K2.

 

K2 iniziando col sib=12 a b.11 continua sempre alla m.s. fino al reb=2 di b.16, chiude alla m.d. col fa=1 (acciaccatura) di b.17, che è anche suono 12 della nuova serie KU7.

KU10 iniziando col sol#=12 a b.11 continua sempre sulla m.d. fino al fa=2 di b.16, chiude alla m.s. col do#=1 (acciaccatura) di b.17, che è anche suono 12 della nuova serie K5

 

K5 espone alla m.s. solo il do#=12 appena citato e il re=11, passa alla m.d. col sib=10 (acciaccatura) di b.18, e continua sulla m.d. fino al termine (sol#=1).

KU7 espone alla m.d. solo il fa=12 (acciaccatura) e il mi=11 a b.17, passa alla m.s. a b.18 col sol#=10 (acciaccatura) e continua sempre alla mano destra fino al termine (sib=1)

 

Prospetto riepilogativo delle serie del SECONDO MOVIMENTO

Ogni segmento di brano si basa su una coppia di serie. I colori di sfondo associano le serie che si agganciano fra loro attraverso la nota in comune (1 che diventa 12):

KU0 si collega a K7, che si collega a K2, che si collega a KU7 (sfondo scuro); K0 si collega a KU5, che si collega a KU10, che si collega a K5 (sfondo chiaro). In corsivo i suoni in comune.

Come si nota, i collegamenti sono chiastici (KU-K-K-KU, K-KU-KU-K); inoltre è pure chiastica la gestione degli inizi delle coppie: la serie che in una coppia inizia prima nella coppia successiva inizierà dopo, e così via

 

KU0

12-- 1

 

 

 

K0

12-- 1

 

 

 

 

 

 

 

 

KU5

12

11-- 1

 

 

K7

12

11-- 1

 

 

 

 

 

 

 

K2

 

12

11-- 1

 

KU10

 

12

11-- 1

 

 

 

 

 

 

K5

 

 

12

11-- 1

KU7

 

 

12

11-- 1

 

Ancora una volta possiamo individuare relazioni di quarta giusta fra le trasposizioni.

Se le ordiniamo come segue, partendo cioè dall'ultima e ricominciando ciclicamente dalla prima (4123), le quattro serie KU sono tutte a distanza di quarte giuste consecutive:

KU7 KU0 KU5 KU10

Lo stesso vale per le 4 serie K se ne effettuiamo una letture sinistrorsa a partire dalla terza,, completata poi ciclicamente con l'ultima, cioè esattamente la lettura retrograda rispetto a quella delle KU (3214)

K2 K7 K0 K5

 

Occorre segnalare un processo che, in questo secondo movimento, è per certi versi ancora più interessante del trattamento seriale in sé, e che costituisce una novità pressoché assoluta, ripresa e sviluppata poi dalle scuole compositive successive. Si tratta di una rigorosa polarizzazione delle altezze, in virtù del quale ogni nota deve apparire a quella o a quelle determinate frequenze, in base a uno schema preordinato.

Inoltre, in questo caso, la distribuzione delle altezze delinea una perfetta simmetria centrata sul La, una delle sette note ad altezza fissa; le altre sei sono raggruppate in due tricordi costruiti per sovrapposizioni di quarte giuste: Do-Fa-Sib, letto in senso ascendente, a partire da una terza minore sopra il La, e simmetricamente Fa diesis - Do diesis - Sol diesis, letto in senso discendente, a partire da una terza minore sotto il La centrale.

Vi sono poi quattro note  a polarizzazione non fissa, che appaiono a tre diverse altezze: possiamo così individuare tre coppie Sol - Si e tre coppie Re - Mi, sempre tutte simmetriche rispetto allo stesso La. Infine il Mi bemolle è l'unica nota che si presenta a quattro diverse altezze, tutte ancora equidistanti dal La centrale. Questa scelta non è casuale: il Mi bemolle, in quanto nota distante un tritono da La e dunque "autosimmetrico" in relazione al La stesso, è il suo contraltare ideale; perciò anche dal punto di vista della polarizzazione delle altezze La e Mi bemolle sono su fronti contrapposti, nel senso che il La rappresenta il massimo della fissità, il Mi bemolle il massimo della mobilità.

La seguente figura illustra il piano delle polarizzazioni e la loro simmetria complessiva.

 

 

 

TERZO MOVIMENTO

 

Abbiamo già parlato in apertura del significato della "Variazione Zero", che introduce questo movimento, e del percorso variativo che la segue.

Ne descriviamo qui l'andamento seriale, ricordando che in questo movimento non troviamo più serie sovrapposte: si procede esponendo una serie per volta, distribuita "verticalmente" fra le due mani.

 

"Variazione Zero"

- O0, dall'inizio fino al sol# di b.5

- U0, dal mib di b.5 al sib di b.9

- K0, dal sol# di b.9 fino al mib di b.12

Gli inizi di U0 e K0 sono marcati da un forte in contrasto col piano che lo precede.

A questa esposizione delle serie non trasposte manca KU0 per essere integrale; la lacuna è colmata dalla seconda serie della Variazione I.

 

Variazione I

- O1(2), dal mi di b.12 (pianissimo) al bicordo sib=11 la=12 di b.14

- (2)KU0(1), dal medesimo bicordo, ora sib=12 la=11, al mib=1 di fine b.15

- (1)O0, da quest'ultima nota, ora mib=1, al sol#=12 ribattuto, prima come minima a fine b.17 poi come acciaccatura a inizio b.18 (lo stesso sol# era anche il primo ribattuto del primo movimento).

- KU1(1*), dal bicordo si=12 sib=11 di b.18 al sol#=2 e mi=1 di b.19. Questo mi è in comune con la serie KU7 che segue, della quale però è il secondo suono (11), non il primo come avviene di consueto quando due serie si concatenano tramite una nota. Dunque il suono 1 della serie retrograda uscente diventa 11 della serie retrograda entrante, il cui suono 12 (in questo caso il fa) arriva peraltro simultaneamente al suono in comune. Per segnalare questo diverso tipo di collegamento fra serie aggiungiamo un asterisco al numero fra parentesi che quantifica le note in comune.

- (1*)KU7(1*), dal sopra citato bicordo fa=12 mi=11 a re=2 e sib=1 sugli ultimi due quarti di b.20. Il meccanismo di collegamento alla serie successiva è identico al precedente: il sib è suono 1 di KU7 e anche 11 della successiva KU1, il cui suono 12 (si) è simultaneo al sib comune.

- (1*)KU1(1), dal bicordo si-sib di fine b.20 al mi=1 basso di inizio b.22. Qui il metodo di aggancio alla serie successiva torna ad essere quello usuale: il mi=1 di KU1 diventa suono 12 della successiva KU6

- (1)KU6, da detto mi=12 al do#=2 di b.23. Qui termina la Variazione I, quindi il suono 1 di questa serie viene fatto slittare all'inizio della successiva.

Nel complesso questa Variazione può essere considerata bipartita dal punto di vista seriale,con una prima parte fondata sulla scansione ternaria O1-KU0-O0, e una seconda parte fatta di serie KU concatenate. Tale bipartizione è rispecchiata anche dall'andamento espressivo della Variazione. A una prima parte più statica, dall'inizio quasi esitante, fa seguito un'accelerazione enfatizzata proprio dall'uso reiterato dello stesso tipo di serie, la cui conseguenza è la ripetizione trasposta della figura di b.18, che a b.20 ritorna un tritono sopra, per poi ripresentarsi all'altezza di b.18 durante la fase di rallentamento conclusivo, a b.21. Come si può ben capire, l'accelerazione unita alla trasposizione verso l'alto costituisce un espediente storicamente ben collaudato per realizzare un fraseggio incalzante; qui la tecnica seriale è funzionale a questo scopo.

 

Variazione II

Gioca sul ribattuto, rendendo così omaggio a una figura protagonista del trittico.

- KU11(1): I primi due La ribattuti (b.23) appartengono a due serie diverse, in quanto il primo è, come già detto, suono 1 di KU6, residuo dell'ultima serie della Variazione precedente, mentre la nuova serie KU11 inizia col secondo La, che ne è suono 12. Il suono 11, sol#, viene invece ribattuto per decisione arbitraria, quasi imitazione del ribattuto precedente. KU11 prosegue fino al re=1 di b.25, che è anche suono 12 della successiva K6.

- (1)K6(1), dal citato re=12 al la=1 di b.28, che è anche suono 12 della successiva K1. A b.27 mi=3 e fa=2 vengono ribattuti.

- (1)K1, dal la=12 di b.28 al primo mi=1 di b.30

- KU6(1), inizia col secondo mi=12 di b.30 (in questo caso, come all'inizio della Variazione, i due ribattuti appartengono a serie diverse), continua col mib=11 ribattuto per scelta, e finisce col la=1 di b.32, che è anche suono 12 della successiva K1.

- (1)K1(2) dal la=12 di b.32 al mib=4 di b.33. I suoni 3-2-1 slittano alla Variazione successiva.

Anche nella Variazione II traspare una bipartizione, il cui secondo membro sembra palesarsi a partire dalla b.27 (a tempo): comincia qui una chiara alternanza fra la figura avviata dai due Mi acuti ribattuti (b.27 e poi, variata ed arricchita, a b.30) e quella lanciata dalla nona minore ascendente La-Sib a b.28, ripetuta quasi identica (salvo che per l'accelerazione delle note Fa - Re - Mib) a partire dagli ultimi due quarti di b.32. Questi moduli ripetuti generano un effetto molto simile a quello che si avverte in chiusura della Variazione precedente, reso anche qui possibile da una successione seriale reiterativa, K6-K1 || KU6 K1

 

Variazione III

Concentra la propria attenzione su un altro elemento già largamente utilizzato nei primi due movimenti, i frammenti composti da due note. Combina inoltre questa figura coi ribattuti e con il procedimento dei blocchi speculari.

Inizia sull'ultimo quarto di b.33 completando la precedente serie K1 con si=3, do=2 e mi=1; queste ultime due note sono anche i suoni 1 e 2 della nuova serie U9

- (2)U9, partendo dalle due note appena citate prosegue fino al sol=12 a fine b.35

- KU9, essendo retrogrado della precedente, riparte da sol, ribattendolo. Il sol=12 di inizio b.36 non è dunque un ribattuto per scelta, ma la prima nota della nuova serie, disgiunta dalla precedente. L'accostamento di una serie e del suo retrogrado alla stessa trasposizione genera la coppia di blocchi speculari, come nel primo movimento. La specularità è enfatizzata dalla vicinanza delle due coppie di crome di fine e inizio serie, fa#sol e il suo opposto sol-fa#. A questa caratterizzazione si riferisce presumibilmente Webern annotando la parola "Gegensätzlichkeit" all'inizio della Variazione. Alla vivacità di questi frammenti contrapposti di due note fanno da contraltare le frenate sui tricordi lunghi; anche questo è un aspetto che ricorda la Sezione B del primo movimento. KU9 continua fino al do=1 primo ottavo di b.38.

- U8, dal secondo ottavo di b.38 col si=1 ripetuto alla m.s. in coppia col re#=2, a sua volta ripetuto nella m.d. in coppia col mi=3. La serie procede senza altre note ripetute fino al primo fa#=12 di b.40

- KU8(2) parte dal secondo fa#=12 di b.40 avviando il blocco speculare; proprio per questo, simmetricamente alle precedente U8, viene ripetuto il re#=2, fra b.41 e b.42, ma non il si=1; re# e si# sono anche suoni 1 e 2 della nuova serie O0

- (2)O0(2) prosegue fino al termine della Variazione, col la=11 e il sol#=12 di fine b.43, che saranno anche i suoni iniziali della prima serie della Variazione successiva. Con questo strappo finale l'accelerato sembra avere l'ultima parola dopo le contrapposizioni coi rallentati.

Potrebbe sembrare strana l'improvvisa riapparizione di O0, solitamente usata in punti focali e con significati particolari, mentre qui è inopinatamente accodata a un gruppo di serie tutte trasposte, in un momento apparentemente non così topico dell'impianto formale. Bisogna però tenere conto che fra la Variazione III e la IV vi è la pausa più lunga del movimento, l'intera battuta 44 (per quanto ancora in accelerando), Può darsi quindi che Webern abbia pensato a una cesura un po' più marcata fra queste due Variazioni, e abbia voluto sottolinearla arrivandoci con la serie originale non trasposta.

Si è detto che l'impiego dei blocchi speculari ricorda il primo movimento; non è casuale allora che qui ricompaia la trasposizione 8, tipica della Sez.A del primo movimento, e mai più riutilizzata finora.

Rimarchiamo infine che nei blocchi speculari si ha una esatta lettura palindromica anche dei valori ritmici delle note; le pause possono invece variare nella rilettura sinistrorsa.

 

Variazione IV

È la più concitata, sia per l'instabilità ritmica che le conferiscono le sincopi, sia per la preminenza della dinamica forte, sia per gli slanci verso l'acuto, col progressivo innalzamento dei punti culminanti fino all'Hohepunkt, il La con quattro tagli, "gridato" per tre volte nell'ultimo segmento, come rara nota singola in un contesto dominato dai bicordi.

- (2)KU11(2) sfrutta come suoni 11 e 12 il la e il sol# finali della Variazione precedente, e continua col do=3 di b.45 fino al fa#=2 e al re=1 di fine b.46 - inizio b.47, suoni comuni alla serie successiva.

- (2)O3(2), dal fa#=1 e re=2 in comune con la serie precedente fino al bicordo do=11 si=12 di b.48, note in comune con la serie successiva. Fra la conclusione di questa serie e l'inizio di quella che segue troviamo l'unico momento di frenata (rit. e dim.) di questa Variazione, a demarcarne una linea di bipartizione.

- (2)KU2(2), dal bicordo do=12 si=11 in comune con la serie precedente fino al la=2 e al fa=1 sforzatissimo di b.50, note in comune con la serie successiva.

- (2)O6(2), da la=1 e fa=2 di b.50, in comune con la serie precedente, fino al mib=11 e re=12 di fine b.51 e inizio 52, note in comune con la serie successiva.

- (2)KU5(2), da mib=12 e re=11 in comune con la serie precedente a do=2 e lab=1 di b.53, note in comune con la serie successiva.

- (2)O9(2), da do=1 e lab=2 in comune con la serie precedente al bicordo fa#=11 fa=12 di b.54, in comune con la serie successiva.

- (2)KU8, dal bicordo fa#=12 fa=11 in comune con la serie precedente al si=1 di fine b.55, termine della Variazione.

Si noterà facilmente che in questa Variazione il metodo di aggancio fra serie prevede sempre la condivisione di due note, e che il tasso di varietà traspositiva raggiunge qui il suo culmine. Da osservare inoltre che il gruppo Fa# - Mi Sol - Si Fa - Sib a b.52 risulta ripetuto identico, trasposto una terza minore sopra come La - Sol Sib - Re Lab - Do# fra b.54 e b.55 (i due gruppi appartengono rispettivamente a KU5 e KU8). Siamo dunque ancora in presenza di una ripetizione trasposta verso l'alto collocata verso la fine di una Variazione, per quanto meno avvertibile all'ascolto di quelle delle Variazioni I e II,

 

Variazione V

Epilogo prevalentemente accordale, di nuovo calmo (wieder ruhig) ma con lievi fremiti di inquietudine, meditativo ed evanescente, che dunque ricorda inevitabilmente il finale dei Pezzi op. 19 di Schoenberg.

- O0(4), dal mib=1 di b.56 alle note sol=9, fa=10, la=11 e sol#=12 fra b.57 e b.58, in comune con la serie successiva.

- (4)K0 inizia dalle quattro note appena menzionate, suoni 12-11-10-9; ma è opportuno osservare che il sol=9, che arriva prima delle altre tre simultanee, nella lettura retrograda può essere valutato come suono 9 solo se si considera la sua durata, che gli consente di sovrapporsi almeno per un quarto al tricordo 10-11-12 / 12-11-10. Si tratta di uno dei pochissimi margini di flessibilità che Webern si concede nell'interpretazione delle regole dodecafonico-seriali, in base alle quali sarebbe stato più normale ripetere il sol dopo il tricordo (considerando quindi come note comuni alle due serie soltanto fa, la e sol#), o quanto meno, per conservare la condivisione di 4 suoni, prolungare il sol in modo da farlo estinguere assieme al tricordo. K0 continua fino al mib=1 di b.59.

- U1(4), dal mi=1 di b.59-60 al quadricordo di b.61 do=9 re=10 sib=11 si=12, in comune con la serie successiva.

- (4)KU1(4), dal quadricordo appena descritto, suoni 12-11-10-9, al tricordo fa=4 la=3 sol#=2 e infine al  mi=1, m.s., secondo quarto di b.63.

- (4)K0(1) inizia con le 4 note appena elencate, ma prese in ordine diverso rispetto a quello in cui chiudono KU1. Nessuna anomalia in questo, dato che abbiamo a che fare con un tricordo: l'ordine di lettura di note simultanee può essere cambiato (o come in questo caso invertito) a seconda delle esigenze. Dunque si parte qui da sol#=12, la=11, fa=10, mi=9, sol=8 alla m.d. in chiave di basso, per arrivare al mib=1 di b.64, in comune con la serie successiva.

- (1)U0, ultima serie delle Variazioni, va dal mib=1 di b.64 in comune con la serie precedente fino al termine.

In quest'ultima Variazione il senso di ripiegamento interiore e di ricerca di recupero delle origini è confermato dalla preminenza delle serie non trasposte (O, K e U, le tre già impiegate nella Variazione Zero), dalle quali ci si allontana di un solo semitono con la coppia mediana U1-KU1, per poi farvi ritorno nelle ultime quattro battute.

 

 

CONSIDERAZIONI FINALI

 

Riportiamo innanzitutto, a titolo dimostrativo, una statistica generale delle serie dell'op.27. La lettera T sta per trasposizione, e il numero ad essa affiancato indica, al solito, di quanti semitoni verso l'alto. I numeri interni segnalano invece quante volte una certa trasposizione appare per ognuna delle forme della serie. Nella riga più in basso e nella colonna più a destra si leggono i totali.

 

 

T0

T1

T2

T3

T4

T5

T6

T7

T8

T9

T10

T11

 

O

6

1

1

1

0

1

1

1

2

1

0

0

15

K

6

2

2

0

0

2

1

2

2

0

0

0

17

U

3

2

0

0

0

1

1

0

3

1

0

1

12

KU

3

4

1

0

0

3

3

2

4

1

1

3

25

 

18

9

4

1

0

7

6

5

11

3

1

4

69

 

 

Oggettivamente, l'importanza delle deduzioni suggerite da una tabella di questo genere è relativa. La trasposizione 0, specie su O e K, ha maggiore incidenza rispetto a ogni altra singola trasposizione - le serie non trasposte sono comunque poco più di un quarto del totale; non ci sono trasposizioni una terza maggiore sopra (è l'unica trasposizione completamente assente); le serie di tipo KU sono le più numerose; lasciamo poi a chi legge il gusto di concentrare l'attenzione su ciò che più interessa.

Ma per Webern la statistica complessiva e gli aspetti compilatori sono sostanzialmente irrilevanti. Abbiamo a più riprese sottolineato come la scelta delle forme seriali e delle trasposizioni non sia funzionale al riempimento di matrici o tabelle, ma obbedisca a criteri squisitamente musicali, tagliati su misura per il contesto specifico di applicazione - si pensi alle relazioni di quarta, ai blocchi palindromi, ai gruppi ripetuti e trasposti, ai moduli ritmici ricorrenti, semplici e riconoscibili.

Si è soliti parlare di post-webernismo per quelle correnti d'avanguardia che percorrono la metà del secolo, facendo capo, per intenderci, soprattutto al centro di Darmstadt. Non vi è dubbio che dalla tecnica weberniana gli esponenti di tali correnti abbiano saputo trarre spunti fondamentali per sviluppare la loro "tecnologia" compositiva fino a livelli di estrema complessità.

Ma lo spirito che Webern intende infondere alle proprie costruzioni è molto lontano da quegli esiti, e non solo per quanto concerne i loro impianti numerici enormemente più complicati (come ad esempio quelli su cui si basa la serialità integrale). Il rigorismo strutturalista persegue, beninteso legittimamente, lo scopo ideologico della cancellazione del principio di identità, in pratica la rimozione di ogni traccia di riconoscibilità e di connotazione espressiva la cui ragione d'essere risieda al di fuori dei meccanismi generatori e regolatori del materiale.

Ci pare di aver dimostrato che la concezione di Webern è agli antipodi, visti i suoi sforzi di "personalizzazione" dei frammenti seriali col loro uso a tratti quasi motivico, di mantenimento di una linearità ritmica, di caratterizzazione delle trasposizioni (forse potremmo perfino spingerci a dire "eticizzazione"), di valorizzazione della connotazione armonica dei materiali, non solo nell'accezione verticale, ma anche, "alla greca", con riguardo alla logica delle loro interazioni orizzontali: si osservi con quanta cura l'autore si dedica a tracciare linee di collegamento che rendano l'idea di un discorso continuo, di un eloquio articolato, così da fugare la tentazione di pensare per punti isolati o aggregazioni autoreferenziali, oppure ad evidenziare suoni specifici come centri di gravitazione di un movimento che li circonda. E naturalmente ci sono poi i suggerimenti interpretativi per Stadten, che talvolta possono apparire soprendenti se non paradossali: a un esame superficiale saremmo portati a chiederci come può un frammento di due note essere tanto appassionato, dolente, impetuoso, esaltato, pensieroso, solo per citare alcuni degli aggettivi apposti sullo spartito del pianista. Alla luce di quanto esposto fin qui tale domanda dovrebbe trovare qualche risposta adeguata. La sottovalutazione di questi aspetti, da parte di interpreti e compositori coevi e successivi, indusse Stadten (musicologo oltre che pianista) a denunciare un certo "fraintendimento puntillista" delle opere weberniane, come quello lamentato dallo stesso Webern in occasione della prima esecuzione della Sinfonia op. 21 sotto la direzione di Klemperer, a suo dire insensatamente arida e priva di coesione espressiva.

 

A qualcuno potrà sembrare arida anche questa corposa e talora scolastica trattazione, ma è auspicabile che se ne possa comprendere lo scopo: mostrare il tipo di approccio ad una tecnica tutt'altro che elementare da parte di un compositore pienamente fiducioso nelle potenzialità comunicative del suo linguaggio e nelle capacità dei fruitori di recepirne i messaggi, nella speranza che interpreti e pubblico non rendano troppo mal riposta quella fiducia.

Non si pensi che questa affermazione sia eccessiva o anacronistica.

Certo quel fraintendimento puntillista, o se si vuole anche strutturalista, è sempre di gran lunga preferibile a tutte quelle penose derive semplicistiche e banalizzanti che hanno infestato l'ultima parte del Novecento e continuano ad infestare con sempre maggiore aggressività i nostri giorni, spingendo il pubblico giù per la rovinosa china del disimpegno intellettuale. La loro azione nefasta non può che danneggiare in primo luogo quei filoni creativi che in un modo o nell'altro riconoscono come progenitrice l'esperienza della Scuola di Vienna, che ormai troppe voci, neppure tanto sommesse, sembrano voler beceramente e sfrontatamente liquidare come errore di percorso da ignorare e rimuovere.

A coloro i quali dovessero abbracciare una così scellerata opinione, lungi dal consigliare la lettura di questo scritto (consiglio inutile e anzi controproducente), rivolgiamo l'invito a leggere qualcosa di molto più breve ed efficace: la prima indicazione di Webern a Stadten, all'inizio del primo movimento dell'op. 27, composta di sole due parole: "Verhaltener Klageruf", grido di lamento soffocato.

Quando Webern compone le Variazioni, tutti i rami del pensiero europeo hanno già risentito di una profondissima crisi identitaria, che nell'arte e nella musica in particolare viene già acutamente presentita a fine XIX secolo. Il diffuso senso di smarrimento che ne è conseguenza pervade svariate importanti opere delle prime decadi del Novecento, capolavori di genialità straordinaria pagati al caro prezzo delle catastrofi che ne hanno segnato gli anni - mai come nei momenti più oscuri l'arte riflette la storia. Se dunque l'uomo europeo ha visto spazzate via le proprie certezze, non è forse un caso che proprio in una Vienna tremendamente ridimensionata dopo l'addio ai fasti imperiali, nel cuore del continente ferito, la dodecafonia rappresenti un tentativo di recuperare un approdo sicuro nel vasto ed ancora largamente inesplorato oceano dell'atonalità. Quell'approdo dà a Webern la forza di emettere il suo lamento, soffocato perché vanamente rivolto a un mondo svuotato, incapace di ascoltarlo, travolto dagli eventi che lo stanno precipitando nell'inferno della tragedia più grande, ormai incombente.

A poco più di ottanta anni di distanza, in un'Europa pericolosamente disorientata, nel cui ventre gli spettri di quell'inferno sembrano dare qualche inquietante segno di risveglio, anziché inseguire vacuità degradanti si provi ad ascoltare ed interpretare con rispetto quel lamento. Se ne potranno trarre ancora insegnamenti decisivi.

 

© Fabio Grasso 2019

 

 

WEBERN - Variationen op. 27 - Fabio Grasso, piano