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Schumann Project - From Recital #6

Arabeske op. 18

Italian commentary by Fabio Grasso

At the end of this page: Video with performance by Fabio Grasso and synchronized English formal scheme

 

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Il giudizio espresso in alcune lettere da Schumann a proposito dell'Arabeske op. 18 e del Blumenstück op. 19 va spiegato in relazione al contesto in cui è inserito. Appare infatti inevitabile, annunciando la pubblicazione delle op. 18, 19 e 20, riferirsi a quest'ultima, l'Humoreske, come a un lavoro dai significati più profondi, e definire le altre due come brani più "deboli", pensando alle dimensioni decisamente inferiori, all'assenza di virtuosismo brillante, alla "fragilità" del loro suono.

Ma è proprio in questa "delicateza" o "tenerezza" timbrica, nonché nel sottile acume di certe soluzioni formali o intuizioni espressive, che si deve cogliere la raffinatezza compositiva di questi due deliziosi frutti del soggiorno viennese del 1839, tanto deludente dal punto di vista delle attese professionali, quanto fertile da quello creativo, se si considera che a quel periodo appartengono anche poderosi polittici pianistici quali la già citata Humoreske e le Novellette op. 21,  o più brevi cicli dalle atmosfere così sorprendentemente contrastanti come i Nachtstücke op. 23 e il Carnevale di Vienna op. 26.

 

È dunque opportuno valutare attentamente le affinità che legano le op. 18 e 19, sia per ragioni cronologiche sia per le analogie di carattere, senza peraltro dimenticare le pur rilevanti differenze formali.

Rimandiamo per Blumenstück alla pagina dedicata di questo sito:

www.rosenfinger.com/schumannproject01019.htm

 

La leggiadria floreale che in Blumenstück ispira, oltre al titolo, una struttura che concatena le sezioni come petali di fiore, simili ma non uguali, come in una dissimulata forma di variazioni senza un tema esplicitamente enunciato come tale, diviene nell'Arabeske eterea levità di un disteso fregio strumentale, sobriamente ornato, da cui emerge la melodia per l'appunto arabescata che fa da tema principale del refrain.

 

Siamo infatti in presenza di una forma di Romanza ampliata o Rondò abbreviato, del tipo A - B - A - C - A + Coda.

A loro volta le sezioni A, B e C presentano suddivisioni interne palesemente simmetriche, come accade di norma nelle costruzioni formali schumanniane, specie se di natura tendenzialmente narrativa.

L'Arabeske può in effetti essere vista come una specie di Novelletta dalla trama semplice e dai toni intimi, il cui racconto sussurrato muove dai quieti spunti motivici del refrain A, poi rielaborati e sottoposti a lievi increspature negli episodi intermedi B e C, entrambi in tonalità minori.

 

Straordinaria è l'originalità del percorso armonico attraverso il quale l'appendice della sezione B si riporta alla tonalità d'impianto di Do maggiore, sfruttando prima una connessione cromatica, da Si bemolle maggiore a La minore, e poi una di tritono, dalla Dominante di Sol minore alla triade di Re bemolle maggiore in secondo rivolto; quest'ultima armonia, tramite il cambio di stato, interpretata come sesta napoletana del Do maggiore di arrivo.

 

La sapienza di questa sorta di coda interna prefigura la profondità della Coda generale del brano, che, come spesso accade in Schumann, agisce da "morale" rivelatrice dei messaggi più reconditi.

Così come nel finale delle Kinderszenen op. 15 il "poeta" intraprende il suo soliloquio conclusivo confessando in qualche modo la vera natura dei ricordi evocati fino a quel momento, anche qui la voce più autentica del compositore si leva solitaria nello spazio sonoro ormai svuotato degli intarsi di semicrome, e richiama il più autocitato dei frammenti melodici schumanniani, quello che proprio nel sopra menzionato epilogo dell'op. 15 aveva fatto la sua prima apparizione, e che periodicamente si ripresenta ogniqualvolta l'animo del compositore si apre nella confessione dei pensieri più riposti.

Così succede nel brano n. 4 di Kreisleriana, in un intermezzo della prima Novelletta - si veda a questo proposito la pagina delle Novellette - , e finalmente nella parte centrale del Lied op. 25 n. 1 Widmung, sulle parole "Du bist vom Himmel mir beschieden" (tu mi sei donata dal cielo).

A prescindere dal reale significato che l'autore del testo, Friedrich Rückert, abbia voluto attribuire a questa frase, non è difficile ipotizzare che Schumann abbia inteso questo verso, e soprattutto l'inciso melodico ad esso associato, come un'allusione al dono di aver avuto una musa ispiratrice ed una compagna di percorso esistenziale come Clara Wieck, e abbia quindi deciso di inserire tale allusione in alcuni dei suoi momenti di più pregnante meditazione, implicita dedica (Widmung, per l'appunto) a colei che di quella meditazione e dei conseguenti esiti creativi è stata determinante motore propulsivo.

 

© Fabio Grasso - rosenfinger.com 2023

 

 

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